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Novità sulla remunerazione del capitale investito ed effetti fiscali nelle imprese sociali

Novità sulla remunerazione del capitale investito ed effetti fiscali nelle imprese sociali

L’obbligo di assenza dello scopo di lucro nelle imprese sociali

L’art. 3 del D. Lgs. n.155 del 2006, complesso di norme disciplinante l’esercizio della qualifica di impresa sociale per le organizzazioni che si fregiano di tale accezione, prevede espressamente che tali enti debbano destinare « gli utili e gli avanzi di gestione allo svolgimento dell’attività statutaria o ad incremento del patrimonio» .

A tal fine è vietata la distribuzione degli utili e avanzi di gestione, comunque denominati, e di fondi e riserve, anche in via indiretta a:

– Soci ;
– Amministratori;
– Partecipanti
– Lavoratori
– Collaboratori

L’obbligo di assenza dello scopo di lucro nelle imprese sociali

Vengono considerati indiretta distribuzione di utili :

a.  Corresponsione agli amministratori di compensi superiore a quelli corrisposti da altre imprese operanti nel medesimo o analogo settore, salve comprovate esigenze di acquisire specifiche competenze, e comunque con un incremento massimo del venti per cento;

b.  Corresponsione ai lavoratori subordinati ed autonomi di retribuzioni e compensi superiori a quelli previsti da contratti collettivi di lavoro, salve comprovate esigenze di acquisire specifiche competenze;

c.  La remunerazione degli strumenti finanziari, diversi da equity, a soggetti diversi da banche ed intermediari finanziari autorizzati, superiori di cinque punti percentuali al tasso di riferimento.

Lo scarso appeal di investimento nelle imprese sociali
Questo è tra i motivi principali per i quali la qualifica di impresa sociale è stata scarsamente adottata da parte delle organizzazioni e, conseguentemente, questo strumento legislativo, nato per sviluppare e realizzare le finalità di interesse generale che si intendevano tutelare e promuovere, ha avuto poca efficacia.

Dapprima il ristretto ambito dei settori d’intervento, relegati ai beni e servizi di utilità sociale; il vincolo di esercitare in via stabile e prevalentemente attività di cui all’art. 2 del D.Lgs. 155/2006, i cui ricavi devono essere almeno il 70% dei ricavi complessivi.

La responsabilità patrimoniale perfetta dell’organizzazione impresa sociale solo ove il patrimonio sia superiore a 20 mila euro. Con aggravio di responsabilità personale degli amministratori ove, anche a causa di perdite, non si mantenga tale limite patrimoniale.

 

Lo scarso appeal di investimento nelle imprese sociali

L’impossibilità di affidare l’amministrazione, almeno nella maggioranza di consigli costituiti, a soggetti esterni all’organizzazione stessa ed a soggetti nominati da società privatistiche e da enti pubblici. Aspetti che limitano di molto il possibile ricorso a manager esterni con esperienza nel settore.

Infine, per quello di cui in questa sede vogliamo occuparci, l’impossibilità di veder riconosciuto all’investitore la possibilità di ritirare la propria quota di guadagno, come avviene nelle imprese profit.

 

Un passaggio legislativo intermedio – Le Società Benefit

Con i commi dal 376 al 384 – Legge 208/2015 si è istituita in Italia la figura giuridica trasversale delle Società Benefit, mutuate in parte dall’esperienza statunitense ed anglosassone delle Benefit Corporation.

Il tema sociale viene integrato ed assimilato non esclusivamente quale finalità dell’impresa tra gli obiettivi non economici da conseguire, bensì viene a permeare l’oggetto sociale statutario della società.

Gli amministratori e manager delle Società Benefit espandono quindi il loro campo d’azione dovendo porre attenzione a remunerare gli azionisti non solo con il profitto finanziario, qui previsto, attraverso il bilanciamento degli interessi degli azionisti e dei soci con l’interesse degli altri stakeholders interni ed esterni all’impresa; ma anche con il profitto sociale, qui misurabile.

 

Legge Delega per la Riforma del Terzo Settore – Il tema della remunerazione degli investimenti

Nella legge delega n.106 del 2016 per la Riforma del Terzo Settore, tra i principi generali si pone l’accento sul «riconoscere e favorire l’iniziativa privata il cui svolgimento…può concorrere ad elevare i livelli di tutela dei diritti civili e sociali»

Nell’indicare i temi di riordino e revisione della disciplina del Terzo Settore la legge indica il «prevedere il divieto di distribuzione, anche in forma indiretta, degli utili e degli avanzi di gestione e del patrimonio dell’ente, fatto salvo quanto previsto dall’articolo 6, comma 1, lettera d) (per le imprese sociali);

Inoltre prosegue « al fine di garantire l’assenza di scopi lucrativi, promuovere un principio di proporzionalità tra i diversi trattamenti economici e disciplinare, nel pieno rispetto del principio di trasparenza, i limiti e gli obblighi di pubblicità relativi agli emolumenti, ai compensi o ai corrispettivi a qualsiasi titolo attribuiti ai componenti degli organi di amministrazione e controllo, ai dirigenti nonché agli associati».

L’art.6 della Riforma è completamente dedicato all’Impresa sociale ed al suo riordino e revisione.

Sul  tema degli investimenti e dei   risultati economici indica, per l’impresa sociale, i seguenti criteri :

a) destina i propri utili prioritariamente al conseguimento dell’oggetto sociale… ;

d) prevede forme di remunerazione del capitale sociale da assoggettare a condizioni e comunque nei limiti massimi previsti per le cooperative a mutualità prevalente previsione del divieto di ripartire eventuali avanzi di gestione per gli enti per i quali tale possibilità è esclusa per legge, anche quando assumano la qualifica di impresa sociale;

f) specifici obblighi di trasparenza e dei limiti in materia di remunerazione delle cariche sociali e di retribuzione dei titolari degli organismi dirigenti.

Poniamo dapprima l’attenzione all’utilizzo dell’avverbio «prioritariamente» del punto a) per le condizioni di destinazione degli utili ed avanzi conseguiti.

Ancora sulle condizioni di cui alla lettera d) potremmo prospettare un obbligo dei soci investitori dell’organizzazione impresa sociale di detenere e quindi consolidare l’investimento per un arco temporale di medio periodo

Infine sul tema degli obblighi di trasparenza delle remunerazioni degli amministratori e dirigenti, semplicemente indicandoli nel c.d. bilancio sociale.

 

Un’ipotesi praticabile su condizioni e limiti alla remunerazione del capitale

Limiti massimi nella remunerazione del capitale sociale previsti per le cooperative a mutualità prevalente lett. d) comma 1 art. 6.

Riserve ed accantonamenti obbligatori per legge :

1. Riserva legale per il 30% dell’utile netto conseguito, senza limite superiore ( art.2545 quater comma 1 c.c.);

2. Destinazione ai fondi mutualistici per il 3% dell’utile conseguito (art.2545 quater c. 2 c.c.; art.11 c. 4 Legge 59 del 1992).

Riserve non obbligatorie per legge :

1. Riserve    statutarie,    da     calcolarsi    al    netto    delle riserve obbligatorie;

2. Riserve facoltative, decise dall’assemblea in sede di delibera di approvazione del bilancio.

Limite di tutela patrimoniale, il rapporto tra patrimonio netto e indebitamento complessivo deve essere superiore ad ¼ (art. 2545 quinquies c.c.)

Limite quantitativo, entro il limite di rendimento del capitale sociale versato di 2,5 punti oltre il tasso di interesse dei Buoni Postali Fruttiferi ( art. 2514 c.c.)

Limiti massimi di retribuzione per amministratori e dirigenti, lett.f) comma 1 art.6.

Obiettivi di risultato, economico/finanziario/patrimoniale, agganciare le retribuzioni, a parte variabile, rispetto ad indicatori di performance aziendale.

Obiettivi di impatto sociale, auspicando l’introduzione applicativa obbligatoria della misurabilità dell’impatto sociale e i relativi criteri guida di determinazione.

 

Il tema delle misure fiscali e di sostegno

L’art.9  della Riforma introduce il tema di revisione del sistema impositivo del Terzo Settore  con indicazioni generali:

– Introduzione di un regime tributario di vantaggio che tenga conto delle finalità civiche, solidaristiche e di utilità sociale dell’ente, del divieto di ripartizione, anche in forma indiretta, degli utili e degli avanzi di gestione e dell’impatto sociale delle attività svolte dall’ente.

Specificatamente per le Imprese sociali prevede alla lettera f):

1. Possibilità di accedere a forme di raccolta di capitali di rischio tramite portali telematici, in analogia a quanto previsto per le start up innovative;

2.  Misure agevolative volte a favorire gli investimenti di capitale.

 

Un’ipotesi praticabile su misure fiscali e di sostegno

Consideriamo  l’ipotesi  di  tassazione  del  sistema cooperativo delle imprese sociale nella forma delle cooperative sociali :

a.  Quota minima del 3% degli utili da assoggettare ad Ires ( 10% dell’accantonamento a Riserva Legale);

b. Detassazione da imposizione per le riserve indivisibili, della destinazione a fondi mutualistici, destinazione ad aumento del capitale sociale (art.7 Legge 59 del 1999), ristorni ai soci;

Esclusione da tassazione per il restante 97% dell’utile conseguito, ove non distribuito, salvo particolari previsioni per le cooperative sociali di produzione e lavoro e le cooperative sociali agricole.

 

Una misura fiscale di sostegno: le SIAVS

L’art.9 della Riforma introduce la previsione di misure fiscali di sostegno alle Imprese sociali indicate specificatamente alla lettera f) in analogia a quanto previsto per le SIAVS ( Start-up Innovative a Vocazione Sociale).

I benefici fiscali interessano le stesse SIAVS e i soggetti investitori delle stesse, sia persone fisiche che società ed enti.

Le SIAVS operano esclusivamente, ad oggi, nei medesimi settori, di utilità sociale, previsti dall’art. 2 del D.Lgs. 155 del 2006.

Quali fonti di finanziamento le SIAVS possono remunerare il capitale investito da soggetti soci e ricorrere alla raccolta di capitale attraverso il c.d. crowdfunding, portali telematici e piattaforme all’uopo dedicate.

Alcune caratteristiche delle SIAVS:

– Devono  costituirsi  nella  forma  di   società  di  capitale, anche in forma cooperativa e comunque non quotate in mercati finanziari;
– La maggioranza del capitale sociale e dei diritti di voto devono essere detenuti da persone fisiche;
– Si  iscrive   in   apposita  sezione   del   Registro delle           Imprese         della CCIAA;
–  Non deve distribuire gli utili conseguiti.

 

I benefici fiscali per i soggetti investitori :

–       Persone fisiche, imprenditori, liberi professionisti, soggetti IRPEF:
–       Detrazione   fiscale   del   25%   una   tantum dell’investimento effettuato;
–       Investimento massimo pro capite di € 500.000.
–       Società ed enti , soggetti Ires :
–       Detrazione   fiscale   del   27%   una   tantum dell’investimento effettuato;
–       Investimento massimo pro capite di € 1.800.000.

Eventuali eccedenze delle detrazioni, in caso di non capienza del tributo, sarà possibile destinarle a riporto negli anni successivi.

 

Considerazioni ed auspici

Il legislatore sembra intenzionato, nei temi indicati di Riforma, a dar sostegno al Terzo Settore, ed alle Imprese sociali in particolare, attraverso l’apertura a forme di remunerazione della partecipazione societaria e di investimento che, nel rispetto dei principi di utilità sociale, consentano di rendere più attrattivo il settore.

Le nuove forme di raccolta degli investimenti, nate nelle piattaforme informatiche del web, hanno aperto nuovi scenari di condivisione dei progetti di investimento finanziario e sociale.

Rendere possibile la remunerazione del capitale sociale e degli investimenti di progetto ci auguriamo sia oggetto dei decreti delegati riguardanti l’Impresa Sociale e le misure fiscali e di sostegno.

 

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